Ieri si è svolta a Roma, alla Camera dei Deputati (Aula dei gruppi parlamentari) la prima conferenza dell’Osservatorio Nazionale dei Contratti di Fiume. Ho avuto l’occasione di partecipare in rappresentanza della nostra associazione Gipiesse, che è promotrice del Contratto di Fiume Santerno Resiliente, citato ieri come uno dei 9 percorsi avviati in Regione Emilia-Romagna. Da questa giornata emerge il grande contributo di questi strumenti innovativi di governance territoriale che parte dal basso, dalla partecipazione di tutti i soggetti “portatori di interesse” (privati, imprese, associazioni, pubbliche amministrazioni).
I contratti di fiume si sono affermati ormai in tutta Italia e sono riconosciuti da governo e regioni come strumenti indispensabili di governance integrata dei territori fluviali, fin qui caratterizzati da una frammentazione di competenze e da una complessità di gestione che ne ha reso difficile la tutela e la valorizzazione. Certo, non mancano le difficoltà: dopo quasi vent’anni che si parla di questo strumento e a fronte di oltre 250 percorsi avviati solo 11 sono sottoscritti e operativi. Ma quello che conta ora è la direzione. L’onorevole Realacci, citando il proverbio africano che dice “se vuoi andare veloce corri da solo, se vuoi andare lontano corri insieme a qualcuno”, ha definito i contratti di Fiume “percorsi che coniugano ambiente, cultura ed economia legati da una grande sfida: difendere ciò che si ama, il proprio territorio.”
E l’onorevole Tiscar ha parlato di “atti di amore che necessitano di una consapevolezza condivisa per codificare i fattori che stanno alla base dei valori comuni di un territorio. Ciò consente di lavorare insieme in modo concreto e operativo. Anche una piccola azione messa in campo con questa passione può contribuire a ridare speranza ad un territorio, perché la cosa più grande che possiamo vedere è gente all’opera. Questo commuove.” Ma perché i contratti di Fiume sono strumenti innovativi? A mio avviso perché recuperano un impegno comune, un “patto” o “contratto” appunto, che parte dalla passione per il luogo che c’è stato consegnato da chi ci ha preceduto (come ci ricorda Papa Francesco nell’enciclica Laudato si, citata da Gabriela Scanu della Segreteria del Ministro dall’ambiente) e che non aspetta passivamente l’intervento delle istituzioni.
Oggi gli Enti più moderni ed efficienti favoriscono questo approccio sussidiario perché capiscono che c’è bisogno del contributo di tutti ed abbandonano la pretesa di rispondere da soli e dall’alto a tutti i problemi e le aspettative del territorio. É l’approccio della Regione Emilia-Romagna, (presentato dalla dottoressa Vittoria Montaletti del Servizio Tutela e Risanamento Acque) che accompagna e sostiene quello che nasce dal territorio, osserva che possa evolvere in percorsi realmente partecipati e funzionali al bene comune e al recupero del giusto rapporto tra uomo e fiume. Due considerazioni al termine di questa giornata.
Anzitutto credo che il percorso avviato “verso il contratto di Fiume Santerno Resiliente”, se mantiene la passione e la purità di intenti di chi l’ha proposto e di chi fin qui ha aderito, avrà la possibilità di dare un grande contributo a Imola, al Santerno e alla Vallata, valorizzando un territorio di cui gli abitanti vanno fieri.
In secondo luogo, credo fermamente quanto affermato dal coordinatore del Tavolo Nazionale dei Contratti di Fiume Massimo Bastiani e cioè che questo strumento possa rappresentare una svolta non solo per la governance dei territori fluviali, ma per un approccio nuovo fra cittadini privati, corpi intermedi ed istituzioni, in questo periodo di grande crisi della rappresentatività del sistema politico-partitico attuale.